Questa pratica è ormai diffusa in tutto il mondo e le sue svariate finalità la rendono sorprendentemente utile.

L'apicoltura urbana è un tipo di apicoltura praticato esclusivamente in ambiente urbano o metropolitano i cui metodi e obiettivi sono svariati.
Una sua definizione è stata coniata a seguito del Convegno Nazionale svoltosi a Bolzano e successivamente con l'assemblea nazionale di Bologna nel 2018:
"Apicoltura urbana non è un semplice settore della zootecnia, ma un movimento culturale: una costellazione di temi e interessi: le api per contribuire a ridare radici a chi ha dovuto emigrare, uno sbocco creativo a chi è limitato da una disabilità, un’idea positiva di libertà a chi è temporaneamente carcerato, il pretesto per proporre una partecipazione attiva e appassionante dei cittadini alla salvaguardia della biodiversità, dal mantenere alveari urbani al coltivare fonti di pascolo per le api e per gli altri apoidei. Sufficientemente staccata dalla necessità di fare reddito può realizzare una forma avanzata di rispetto del benessere animale. Legata alla città, che è il centro della comunicazione, può sfociare in forme d’arte, coinvolgere scuole e bambini a scoprire in città ritmi e espressioni della vita naturale, promuovere la produzione locale di cibo, servire a misurare la qualità dell’ambiente attraverso le api."
La nascita di questo tipo di apicoltura prese spunto dal fenomeno della fuga degli sciami d'api dalle campagne alle città. Alcune ricerche hanno individuato la causa di queste migrazioni nelle colture industriali e nell'uso dei pesticidi nei campi, che compromettono l'habitat naturale delle api.
Dalla sua definizione si deducono le svariate finalità di questa pratica: in Giappone, precisamente a Ginza, è uno strumento di educazione ambientale e alimentare; a San Francisco da molti anni è un mezzo di sensibilizzazione rispetto ai danni dei pesticidi alle api e all'ambiente. In Uganda a Sseambabule il villaggio utilizza le arnie tradizionali per facilitare l'apprendimento e l'avviamento professionale di nuovi contadini dei villaggi vicini.
La creazione di arnie e apiari in città ha anche la funzione, specie nelle città metropolitane, di permettere il monitoraggio della qualità dell'aria: infatti, è possibile misurare il livello di inquinamento atmosferico analizzando la pelliccia dell'animale, facendo lo screening dell'alveare, ed esaminando miele, polline, cera e propoli.
Altre informazioni fornite dai rilevamenti riguardano la biodiversità di un territorio, poiché le analisi consentono di rilevare quali varietà di fiori sono state impollinate e in che quantità.
Nel nostro Paese il primo progetto di apicoltura urbana si è sviluppato a Torino a partire dal 1905 e, sempre nella città piemontese, hanno avuto luogo le prime ricerche scientifiche, con analisi e biomonitoraggio.
A partire dal 2006 l'apicoltura urbana si è intensificata, grazie al lavoro di alcuni apicoltori privati, di associazioni e di ricercatori universitari e oggi essa viene praticata non solo nelle grandi città ma anche in realtà urbane più piccole: Milano, Roma, Latina, Cremona, Cesena, Bari, Napoli, Palermo, Cesena, Reggio Emilia, Segrate, Bolzano e Potenza.
Rispetto al futuro, l'Unione Europea ha avviato la strategia di biodiversità con la nuova agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile: in questo percorso si inserisce la ricerca dello stato di conservazione degli insetti impollinatori, superfamiglia apoidei.